«Esprimiamo, oltre al dolore, la nostra testimonianza e vicinanza alla comunità islamica della città». Sono le parole pronunciate da Fabrizio Mandreoli in rappresentanza della Diocesi di Bologna accolta oggi durante la “ṣalāt al-ẓuhr” (la preghiera di mezzogiorno musulmana) nel Centro di cultura islamica in via Pallavicini a Bologna a una settimana esatta dall’attentato terroristico nella moschea di Christchurch, in Nuova Zelanda, in cui hanno perso la vita 49 persone. A fare gli “onori di casa” è Yassine Lafram, presidente dell’Ucoii (Unione delle comunità islamiche d’Italia), che prima del sermone dell’imam ha ringraziato la Diocesi bolognese e i tre parroci delle chiese del quartiere Croce del Biacco, sottolineando l’importanza della solidarietà e del dialogo interreligioso.
Il cortile della moschea di via Pallavicini ha iniziato a popolarsi già da mezzogiorno con l’arrivo dei primi fedeli. «Il venerdì rimandiamo la preghiera di un’ora per permettere a chi lavora di essere presente», ha detto Adel Shdeeb, direttore del Centro di cultura islamica di Bologna. Ci si toglie le scarpe e si entra per prendere posto, mentre fuori ci si saluta scambiandosi il “salam-aleikum” (“la pace sia con te”). Si chiacchierava mentre un signore passeggiava tra i presenti offrendo succosi datteri. Alle 13 l’ingresso in moschea: il rituale prevede un discorso iniziale dell’imam in arabo, che verrà poi tradotto in italiano da Lafram, seguito dal rito della preghiera.
«Chi uccide un’anima è come se avesse ucciso l’intera umanità. Vogliamo ricordare che l’Islam trasmette da sempre un messaggio di pace, di solidarietà, di misericordia, di altruismo e di sacralità della vita», ha sottolineato Lafram durante il sermone. Shdeeb, Lafram e i fedeli incontrati in moschea hanno messo in evidenza quest’aspetto, soprattutto ora che l’islamofobia si insinua sempre di più tra i cittadini. A Torino, ad esempio, il 20 marzo una signora ha aggredito con minacce e pugni tre ragazze che indossavano lo hjiab (il velo utilizzato dalle donne musulmane). «I terroristi ci vogliono divisi e chi fomenta l’odio razziale e religioso è complice di queste mattanze. Dobbiamo assumerci più responsabilità rispetto a ciò che diciamo e facciamo», ha concluso Lafram traducendo le parole dell’imam.
«Le moschee devono essere luoghi di aggregazione sociale per promuovere la conoscenza, il dialogo e il rispetto», ha detto Islam Said Mahdy, artista e membro della Cib (Comunità islamica di Bologna). Alla fine della preghiera molti dei presenti hanno sfilato davanti alla delegazione cattolica stringendo le mani ed esprimendo gratitudine per la presenza. I “grazie” si confondono con gli “shukran”(grazie in arabo). «Dopo l’estate faremo un open day in cui terremo aperta la moschea – ha detto un ragazzo all’uscita – ma, in realtà, ogni giorno il centro è aperto per chiunque abbia il desiderio di conoscere».