L’Università di Bologna ha inventato un nuovo materiale biologico, ma riprodotto in laboratorio. Sfruttando le caratteristiche naturali di un organismo marino unicellulare, la foraminifera Amphistrigina lessoni, un gruppo di ricercatori guidato da studiosi dell’Alma Mater è riuscito per la prima volta a sintetizzare un nuovo biomateriale a base di carbonato di calcio e arricchito con nano-particelle magnetiche. Gli autori della ricerca, presentata sulla rivista scientifiva “Materials Horizons” e coordinata dal professore dell’Università di Bologna Giuseppe Falini, non hanno tentato di imitare i processi naturali, ma hanno provato a sfruttarli per produrre nuovi materiali.  

Per questo nuovo biomateriale, tutto parte dalla foraminifera Amphistrigina lessoni, un organismo marino unicellulare capace di produrre uno scheletro composto di carbonato di calcio. Sfruttando questa abilità naturale, i ricercatori sono riusciti ad utilizzare la foraminifera come bioreattore per produrre cristalli bionici di carbonato di calcio arricchiti con nano-particelle magnetiche. «Abbiamo voluto studiare se la presenza di un additivo nel mezzo utilizzato per la crescita degli organismi consentisse di sintetizzare cristalli ibridi di calcite e additivo, con caratteristiche non ottenibili tramite la sola sintesi chimica in laboratorio», ha detto il prof Falini. 

«Sfruttando il processo di biomineralizzazione delle foraminifere siamo riusciti a fare in modo che all’interno dello scheletro venissero intrappolate particelle magnetiche. In questo modo, è stato possibile sintetizzare un nuovo materiale a base di carbonato di calcio che può essere controllato applicando un campo magnetico esterno», ha spiegato Giulia Magnabosco, prima autrice dello studio. La ricerca è stata condotta insieme a Simona Fermani e Matteo Calvaresi del dipartimento di Chimica “Giacomo Ciamician” dell’Università di Bologna.

Hanno collaborato, inoltre, Vittorio Franco CorticelliMeganne Christian e Vittorio Morandi dell’Istituto per la microelettronica e microsistemi (IMM) del CNR di Bologna, con Cristiano Albonetti dell’Istituto per lo studio dei materiali nanostrutturati (ISMN) del CNR di Bologna e con Hagar Hauzer e Jonathan Erez della Hebrew University of Jerusalem. 

Condividi