Anche Domino’s Pizza firma la Carta dei diritti dei riders di Bologna

«Ministro prenda l’unico strumento utile sui riders in questo momento in Italia, che è la Carta di Bologna, e lo estenda a tutto il territorio nazionale»: sono le parole dell’assessore comunale al Lavoro di Bologna, Marco Lombardo, rivolte al ministro Luigi Di Maio in riferimento alla “Carta dei diritti fondamentali del lavoro digitale nel contesto urbano”, documento di tutela dei cosiddetti riders che giovedì 21 marzo è stato firmato a Bologna anche da Domino’s Pizza, impresa di ristorazione internazionale.

La Carta, nata a maggio 2018 a seguito delle richieste di Riders Union, un gruppo di fattorini di Bologna, è il primo e unico accordo territoriale in Italia che indichi degli standard lavorativi minimi per gli addetti alle consegne di cibo a domicilio delle nuove applicazioni di ristorazione. Il documento è stato firmato da Riders Union, Comune di Bologna, Cgil, Cisl, Uil e diverse piattaforme del settore fra cui MyMenù e Sgnam, alle quali ora si è aggiunta Domino’s Pizza. Il CEO dell’azienda, Alessandro Lazzaroni, ha spiegato che Domino’s informerà anche i propri clienti dell’adesione all’accordo, con la distribuzione di volantini che spieghino le politiche scelte per le consegne delle pizze.

Il documento «individua standard minimi di tutela e di salvaguardia dei diritti dei lavoratori sotto il quale, nella nostra area metropolitana di Bologna non si può e non si deve andare”, ha detto l’assessore Marco Lombardo, sottolineando poi l’impegno della città per la diffusione dell’accordo. Ha poi rivolto l’appello al ministro del Lavoro Di Maio, con il quale c’era stato un incontro a giugno dello scorso anno per discutere delle politiche nazionali in merito. La proposta dell’assessore e dei firmatari è quella di assicurare ai riders di tutta Italia le tutele proposte dal documento bolognese. «La Carta dei diritti di Bologna è di fatto, ad oggi, l’unico strumento concreto in Italia per i diritti dei riders. Il tavolo nazionale aperto da otto mesi finora non ha portato a niente», ha detto Tommaso Falchi di Riders Union Bologna.

Anche le organizzazioni sindacali spingono per un’estensione dell’accordo. «La politica si è impegnata a Bologna e crediamo che anche a livello nazionale dovrebbe farlo, con una discussione sul salario minimo e dei minimi contrattuali», ha detto Alberto Schincaglia, della Cisl. La speranza del segretario organizzativo della Uil, Roberto Rinaldi, è che «la Carta di Bologna faccia da apripista», in modo da indirizzare il governo a regolamentare il settore, e ha sottolineato che il documento è anche un modo per promuovere un consumo responsabile e consapevole, dando la possibilità ai clienti di sapere se la piattaforma da cui stanno ordinando assicura condizioni di lavoro dignitose ai propri fattorini.

 

 

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