Il lutto aumenta il rischio di mortalità, soprattutto per gli uomini: lo studio dell’Unibo

Il lutto coniugale può avere conseguenze drammatiche per la salute, soprattutto per gli uomini. Un recente studio, condotto nell’ambito del progetto PNRR Age-It e realizzato da Chiara Ludovica Comolli, professoressa al Dipartimento di Scienze Statistiche “Paolo Fortunati” dell’Università di Bologna, insieme a Diego Pieroni e Valentina Ricci, attuari dell’INPS, ha rivelato che gli uomini vedovi vedono aumentare il rischio di mortalità del 35% rispetto ai loro coetanei sposati, mentre per le donne l’incremento è del 24%. Questa vulnerabilità, però, varia sensibilmente in base alla regione di residenza e alle condizioni socioeconomiche.

Uno studio pionieristico per l’Italia

L’analisi, la prima nel suo genere in Italia, si è basata su dati amministrativi INPS raccolti tra il 2014 e il 2022. Il team di ricerca, guidato dalla professoressa Comolli ha indagato l’impatto del lutto sull’aspettativa di vita dei pensionati di vecchiaia.

«I risultati che abbiamo ottenuto evidenziano la complessità delle conseguenze del lutto coniugale, che non solo agisce come uno shock emotivo e psicologico, ma può anche interagire con disuguaglianze economiche e sociali preesistenti», spiega la professoressa Comolli. «In un contesto come quello italiano, caratterizzato da un rapido invecchiamento della popolazione e da un numero crescente di famiglie composte da anziani soli, questa ricerca offre spunti concreti per interventi mirati di supporto psicologico, sociale ed economico».

Gli uomini vedovi i più colpiti

Nel 2023 si sono contate in Italia quasi 4,4 milioni di persone vedove, un evento che colpisce duramente soprattutto nei primi mesi dopo la perdita del coniuge, periodo in cui il rischio di mortalità aumenta sensibilmente.

Le differenze di genere sono marcate: gli uomini risultano particolarmente vulnerabili, con un rischio del 35% più alto rispetto ai coetanei sposati. Per le donne, invece, l’incremento del rischio si attesta al 24%. Questo divario potrebbe essere legato a dinamiche di supporto emotivo e sociale, spesso più sviluppate tra le donne.

Disuguaglianze regionali e socioeconomiche

L’impatto del lutto non è uniforme sul territorio nazionale. Le regioni del Nord, come Valle d’Aosta e Veneto, registrano una maggiore perdita di anni di vita residua, mentre aree come il Molise e la Sardegna risultano meno colpite. Anche lo status economico gioca un ruolo cruciale: i pensionati maschi con redditi medio-alti presentano un rischio maggiore di mortalità immediata dopo la perdita del coniuge, mentre le donne con redditi bassi sembrano inizialmente più resilienti, salvo un peggioramento nel lungo termine.

«Queste differenze suggeriscono che fattori socioeconomici e istituzionali regionali influenzano in modo rilevante la capacità di far fronte a un evento critico come il lutto», sottolinea Comolli. «La mappatura dettagliata che abbiamo realizzato permette di individuare le aree geografiche e i gruppi sociali più colpiti, fornendo alle istituzioni strumenti preziosi per implementare politiche di supporto».

Verso politiche mirate di supporto

Lo studio offre una panoramica preziosa sulle conseguenze sociali e sanitarie del lutto, evidenziando la necessità di interventi mirati, soprattutto per le fasce più vulnerabili. Il progetto Age-It, finanziato dal PNRR, rappresenta un passo importante in questa direzione, proponendo soluzioni innovative basate sui dati per affrontare le sfide dell’invecchiamento.

Questi risultati possono guidare la creazione di programmi specifici dedicati alle persone rimaste vedove, contribuendo a ridurre l’impatto negativo del lutto e migliorare la qualità della vita di una popolazione che continua ad invecchiare rapidamente.

foto: unsplash

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