“Basta soldi pubblici per studentati privati”. È stato lo slogan di un incontro tenutosi lo scorso giovedì pomeriggio tra diversi collettivi, tra cui rappresentanti di LUnA (Laboratorio universitario d’autogestione), davanti allo studentato di Camplus in via Emilia Levante a Bologna. L’incontro ha mosso un’accusa ben precisa: le residenze private per studenti utilizzerebbero i fondi pubblici del PNRR, il Piano per rilanciare l’economia dopo la pandemia.
L’evento ha toccato diversi temi: dai criteri di selezione degli studenti per essere “accettati” negli studentati privati, al costo elevato delle stanze, dall’uso dei fondi PNRR, alla normativa sugli alloggi per studenti universitari. Temi molto attuali visto il “caro affitti” a Bologna.
Il collettivo studentesco LUnA (Laboratorio universitario d’autogestione), tra i partecipanti all’incontro, ha segnalato che non solo l’obiettivo dei 60 mila posti letto negli studentati, fissato dal ministero dell’Università con i fondi PNRR, non è stato raggiunto, ma che Camplus avrebbe addirittura ridimensionato la prospettiva, suggerendo di realizzarne appena 20 mila. Inoltre, «di quei fondi pubblici, oltre un miliardo di euro, cioè il 95%, sarebbe andato agli studentati privati», evidenziando una evidente sproporzione.
All’incontro è intervenuta anche una studentessa che risiede proprio in uno studentato Camplus a Bologna. Pur beneficiando di una borsa di studio, la studentessa si è definita una «privilegiata». A suo avviso, il tema delle pari opportunità andrebbe affrontato diversamente: con pochi studentati pubblici in condizioni precarie, «quelli privati crescono grazie ai fondi del PNRR, mentre gli affitti restano accessibili solo a chi può permettersi servizi esclusivi».