Pubblichiamo una lettera della presidente dell’Anpi provinciale Bologna, Anna Cocchi, sul facile uso delle parole “fascismo” e “nazismo” in seguito alle offese al presidente dell’Emilia-Romagna Bonaccini e al sindaco di Bologna Lepore chiamati “nazisti” dai No vax.

«In occasione della Giornata della Memoria desidero esprimere, a nome mio personale e di tutta l’Anpi provinciale di Bologna, vicinanza e solidarietà al presidente della Regione Emilia-Romagna, Stefano Bonaccini e al sindaco d Bologna, Matteo Lepore, per i gravi insulti di cui sono stati oggetto nei giorni scorsi. L’occasione, nella sua gravità, offre lo spunto per una riflessione sulla facile disinvoltura con la quale vengono utilizzate parole come fascismo e nazismo. A furia di ripeterle le parole si deprezzano e perdono di significato, soprattutto per le persone più giovani e meno informate. Dare del fascista o del nazista ad una persona resta un insulto gravissimo, certo. Ma, fuori dal contesto specifico, rischia di far perdere di vista il significato autentico di quelle parole riconducibili ad un preciso, terribile, periodo storico e ai movimenti che ad esso si richiamano.

Non solo, e qui mi piace citare la ricerca della professoressa Giovanna Cosenza presentata di recente all’Archiginnasio, un’insistenza eccessiva specie se fatta in modo poco critico e fuori contesto – e quanto siano fuori contesto le casacche a righe dei campi di concentramento esibite nelle manifestazioni no vax non ha bisogno di commenti – riesce comunque ad attirare l’attenzione su questi fenomeni, ma lo fa in modo distorto. Mi spiego: se associo la casacca a righe dei campi di concentramento ad una manifestazione No vax, posso perdere di vista o non riconoscere il significato autentico di quella divisa. Se fascista diventa un insulto come un altro, posso dimenticare (o non sapere) cosa significa esattamente quella parola. L’unica arma che abbiamo perché queste parole terribili continuino a mantenere tutto il grave peso che le caratterizza, è proseguire instancabilmente – conclude Anna Cocchi – a portare, soprattutto ai giovani e alle ragazze, la testimonianza su cosa è stato quel tragico periodo della nostra storia, per aiutarli a comprendere affinché quello che è stato non possa ripetersi mai più». 

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