I neonati Neandertal venivano allattati come noi, la ricerca dell’Unibo

Una ricerca su tre denti da latte, guidata dall’Alma Mater, mostra che erano tante le somiglianze fra i tempi di crescita dei Neandertal e i nostri.

I neonati Neandertal iniziavano lo svezzamento intorno ai sei mesi, proprio come avviene per gli Homo sapiens. Lo rivela l’analisi di tre denti da latte neandertaliani rinvenuti in alcune grotte del Veneto, che sono stati oggetto della ricerca di un gruppo internazionale guidato dal Dipartimento di Beni culturali dell’Università di Bologna 

Neandertal sono stati una specie umana vissuta in Europa tra i 200.000 e i 40.000 anni fa. Nell’ultimo periodo della loro esistenza, prima di scomparire misteriosamente, convissero e, in parte, si ibridarono con i nostri antenati, i Sapiens. Qualunque sia stata la causa dell’estinzione dei Neandertal, le due specie di Homo dovevano avere parecchio in comune, compreso i tempi di svezzamento dei piccoli, come risulta dalla ricerca condotta dall’Alma Mater di Bologna.  Questo dato è stato ottenuto tramite l’analisi dei dentini rinvenuti che, come il tronco di un albero, recano delle “linee di crescita” corrispondenti a eventi biologici particolarmente stressanti vissuti dall’organismo: ad esempio, il passaggio dal latte materno al cibo solido.  

L’interruzione dell’allattamento al quinto o sesto mese di vita, comune a Neandertal e a Sapiens e precoce rispetto a quanto avviene negli altri primati, rivela agli scienziati molte più similitudini fra le due specie di quanto suppostro finora. “È molto probabile che l’alto livello di risorse energetiche richiesto per il processo di crescita del cervello umano porti alla necessità di una precoce introduzione di cibi solidi nella dieta dei neonati”, ha affermato Federico Lugli, ricercatore dell’Università di Bologna e co-primo autore dello studio.  

Non solo: la scoperta di tempi di svezzamento simili fra le due specie umane mette in dubbio la teoria secondo cui le femmine di Neandertal avessero intervalli più lunghi fra una gravidanza e l’altra. Questa era una delle ipotetiche spiegazioni della loro minore fertilità, e quindi del minore numero di individui rispetto ai Sapiens, molto più numerosi.  

I tre denti da latte al centro della ricerca sono stati rinvenuti in Veneto, nel Riparo del Broion (Vicenza), nella Grotta di Fiumane (Verona) e nella Grotta de Nadale (Vicenza). “Si spostavano meno di quanto ipotizzato in precedenza”, dice Wolfgang Müller, professore della Goethe University di Francoforte, in Germania, tra i coordinatori dello studio. “L’analisi degli isotopi dello stronzio presenti nei denti studiati indica infatti che questi bambini hanno passato gran parte del tempo nelle vicinanze del loro luogo di origine: un comportamento che denota una mentalità moderna, collegata probabilmente ad un utilizzo attento delle risorse che avevano a disposizione in quella regione”. 

I risultati della ricerca sono stati pubblicati sulla rivista PNAS in un articolo intitolati “Early live of Neanderthals”. Lo studio è stato coordinato da Stefano Benazzi, professore del Dipartimento di Beni Culturali dell’Università di Bologna e Principal Investigator del progetto di ricerca europeo SUCCESS (ERC Starting Grant No. 724046), che ha l’obiettivo di chiarire le ragioni del successo dell’uomo moderno, unico esponente del genere Homo sopravvissuto e, viceversa, le ragioni della scomparsa dei Neandertal.  

La ricerca si è avvalsa della partecipazione di studiosi dell’Università di Bologna, dell’University of Kent, nel Regno Unito, della Gothe University di Francoforte, dell’Università di Ferrara, dell’Univerista di Modena e Reggio Emilia, dell’Istituto di geologia ambientale e geoingegneria (IGAG) – CNR, del Centro Internazionale di Fisica Teorica “Abdus Salam”, dell’Università di Firenze, della Sapienza Università di Roma, del Natural History Museum di Londra. 

 

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