Oggi alle 17,30 è stato presentato online il primo documento di BRAIN, il collettivo nato dentro Unibo per confrontarsi sull’università ai tempi del Covid.
Com’è cambiata l’università ai tempi del Covid: è il tema al centro della discussione di BRAIN_Unibo, il collettivo, o meglio «il cervello collettivo», nato da docenti, ricercatori e ricercatrici, studenti e studentesse, operatori e operatrici della didattica dell’Università di Bologna per confrontarsi sulle contraddizioni del periodo storico che stiamo vivendo. BRAIN_Unibo si auto-definisce come «uno strumento di presa di parola di chi vive in prima persona le contraddizioni dell’università durante la pandemia e intende incidere sulle trasformazioni in atto».
Il collettivo ha deciso di dar voce a pensieri e idee sule trasformazioni che l’università sta subendo, che hanno a che fare con il virus, ma non solo. BRAIN_Unibo ritiene che la pandemia stia solo accelerando processi già in atto – che investono rapporti come quello tra università e città o tra università e società – accelerazione peraltro presentata più che positivamente dalle istituzioni universitarie. In realtà, queste trasformazioni, secondo BRAIN, non farebbero altro che acuire le diseguaglianze che già interessano il mondo universitario in questo momento storico sempre più lontano dalle persone e quindi dalla collettività.
L’università del presente, specialmente sul piano della didattica, sarebbe invece rivolta a percorsi formativi individuali pensati per le piattaforme, svolta che però, sostiene BRAIN, sarebbe avvenuta «senza il confronto con chi l’università la vive e la anima quotidianamente». Ed è proprio dal confronto che BRAIN intende ripartire con un’assemblea online che si è tenuta oggi pomeriggio alle 17,30, in cui sono stati esposti i risultati fondamentali delle discussioni di questo periodo nonché i programmi per il futuro.
Al centro del dibattito ci sono state le tre macro-tematiche didattica, ricerca, rapporto università-territorio. In particolare sulla didattica e quindi su quella a distanza o DAD, la riflessione ha evidenziato forti contraddizioni, cercando però di non trasformare i risultati della discussioni nell’essere a favore o contro questo tipo di sistema. Se da un lato gli studenti accetterebbero la DAD in quanto mezzo che permette di continuare il proprio percorso accademico anche in pandemia e da casa – con un notevole risparmio economico – dall’altro, una tale tecnologia impedisce la creazione di molti spazi di confronto e di dialogo che invece caratterizzavano la didattica in presenza.
Gli studenti cioè non possono più incontrarsi e discutere a fine o inizio lezione, ad esempio, e se questo al momento potrebbe essere utile per evitare contagi, non è affatto detto che sia la strada più innovativa da seguire in futuro. Inoltre, durante l’assemblea è emersa anche la fondamentale questione delle tasse universitarie: al momento Unibo, a fronte di un imponente riduzione dei servizi, non ha risposto con alcuna riduzione degli importi da versare, dato che preoccupa molti studenti e studentesse che, come tutto il Paese in questa fase pandemica, stanno attraversando un periodo di grave difficoltà su tutti i fronti.