Quando qualcosa non ci piace moralmente, muoviamo la lingua allo stesso modo di quando mangiamo qualcosa che ci disgusta. Lo ricerca scientifica è dell’Università di Bologna e di Messina.
Quando ci indigniamo la nostra lingua si muove come quando assaggiamo qualcosa che non ci piace. La scoperta è di un gruppo di studiosi dell’Università di Bologna e di Messina che hanno individuato questa strana correlazione. In particolare, quando assistiamo ad un comportamento che ci indigna perché viola norme morali condivise il nostro cervello inibisce i neuroni che controllano il movimento della lingua, proprio come accade quando entriamo in contatto con un cattivo sapore. «I risultati del nostro studio suggeriscono un’origine orale della moralità: l’impulso al rigetto evocato originariamente dal disgusto per un sapore sgradito potrebbe infatti essere stato cooptato per promuovere anche il rigetto delle trasgressioni morali», spiega Alessio Avenanti, neuroscienziato al Dipartimento di Psicologia dell’Università di Bologna (Campus di Cesena) e coordinatore della ricerca. Il giudizio morale appare, quindi, calato in meccanismi corporei ed emozionali.
“Disgustoso” può essere infatti un sapore spiacevole come quello di un alimento andato a male o di una sostanza non commestibile, ma “disgustosa” può essere anche un’azione o un comportamento che ci indigna perché viola le norme condivise. Per studiare se e in che modo questa relazione tra morale e disgusto dipenda da specifici meccanismi cerebrali legati a segnali corporei, gli studiosi hanno indagato l’attività dei neuroni che controllano i movimenti della lingua. «Da un punto di vista sensoriale, il legame tra lingua e disgusto è intuitivo, poiché questo muscolo orale funziona come un organo sensoriale che codifica i sapori attraverso i recettori gustativi presenti sulla sua superficie», dice Carmelo Vicario, professore all’Università di Messina e primo autore dello studio.
Lo studio
Per arrivare a questo risultato, i neuroscienziati hanno coinvolto un campione di persone applicando la Stimolazione magnetica transcranica (TMS): una tecnica non invasiva che, grazie ad una bobina posizionata sulla testa, ha in questo caso permesso di creare un campo magnetico per stimolare la rappresentazione della lingua nella corteccia motoria. Ai soggetti coinvolti sono stati poi mostrati diversi scenari che in alcuni casi prevedevano delle violazioni dei codici morali. Attraverso una serie di elettrodi è stata quindi registrata di volta in volta la risposta dei neuroni motori che controllano il movimento della lingua.
I risultati ottenuti hanno così mostrato che le violazioni morali che indignavano fortemente i partecipanti corrispondevano ad un’inibizione della capacità motoria della lingua, e maggiore era l’indignazione provata, maggiore era il livello di inibizione registrato. Una reazione, questa, che è risultata specifica per la lingua, mentre non sono state registrate reazioni in altre porzioni della corteccia motoria.
L’inibizione del movimento della lingua che si registra quando entriamo in contatto con un sapore spiacevole potrebbe essere legata ad un meccanismo di difesa sviluppato per prevenire l’ingestione di sostanze dannose. I risultati di questo nuovo studio suggeriscono ora che lo stesso meccanismo di difesa potrebbe essersi adattato anche per reagire alle violazioni delle norme morali condivise. «Questo studio fornisce evidenze neurofisiologiche che hanno implicazioni per il dibattito filosofico tra teorie sentimentaliste e razionaliste della morale: un dibattito che sempre di più si giova del contributo di filosofi, psicologi e neuroscienziati», conferma Giuseppe di Pellegrino, direttore del Centro studi e ricerche in Neuroscienze Cognitive dell’Università di Bologna (Campus di Cesena) e coautore dello studio.
I protagonisti
Lo studio è stato pubblicato sulla rivista Social, Cognitive and Affective Neuroscience con il titolo “Indignation for moral violations suppresses the tongue motor cortex: preliminary TMS evidence”. Insieme agli studiosi dell’Università di Bologna (Alessio Avenanti e Giuseppe di Pellegrino) e dell’Università degli Studi di Messina (Carmelo Vicario e Chiara Lucifora) hanno collaborato anche Robert D. Rafal (University of Delaware, USA) insieme a Mohammad A. Salehinejad e Michael A. Nitsche (Leibniz Research Centre for Working Environment and Human Factors, Germania).
La ricerca è stata premiata con il “Best Paper Prize 2021”, assegnato dalla Società Italiana di Neuroetica (SINe) in collaborazione con l’International Neuroethics Society (INS) durante la XII International Scientific Conference on Neuroethics, che si è svolta online dal 14 al 21 maggio. Le due società scientifiche promuovono il dialogo e ispirano una ricerca multidisciplinare attenta alle implicazioni sociali, legali, etiche e politiche delle neuroscienze.