Secondo il coordinatore di Più Europa Bologna, Arcangelo Macedonio, gli operatori addetti a tracciare i contatti non sarebbero bene a conoscenza di come aiutare i positivi al coronavirus a caricare i dati per l’app Immuni.
«Gli addetti al tracciamento dei contatti non chiedono il codice identificativo dell’app Immuni. Così non può funzionare». A denunciarlo è Arcangelo Macedonio del partito radicale Più Europa al quale fonti a lui vicine (ma anche per esperienza diretta) gli hanno riferito che nella provincia di Bologna gli operatori del Servizio d’Igiene Pubblica addetti a tracciare i contatti non chiederebbero il codice identificativo dell’applicazione Immuni alle persone risultate positive. Nel momento in cui una persona sa di aver contratto il virus, l’operatore sanitario, che comunica l’esito del tampone “aiuterà il positivo a caricare i dati” (si legge sul sito dell’app Immuni). L’applicazione a quel punto mostrerà un codice, una sequenza alfanumerica di dieci caratteri scelti in modo casuale. Tale codice verrà comunicato all’operatore sanitario che lo autorizzerà. Se tale operazione non avviene l’app Immuni, che serve proprio a capire se siamo entrati in contatto con persone positive, non avrebbe senso di esistere.
«Occorre avere delle spiegazioni dalla Regione Emilia Romagna e dall’Azienda Usl di Bologna per invertire questa prassi. Se le istituzioni e gli organi preposti nella lotta contro il coronavirus non dimostrano interesse a farla funzionare, non vedo come possiamo motivare i cittadini. I contagi aumentano e il tracciamento dei contatti è sempre più importate, ma ancora oggi troppe persone sono scettiche sul suo funzionamento e sulla sua efficacia, a questo punto con delle ragioni anche motivate», dichiara Macedonio. Più Europa di Bologna chiede all’assessore regionale alle Politiche per la Salute Raffaele Donini e al presidente dell’Emilia-Romagna Stefano Bonaccini di attivarsi e fare in modo che l’app Immuni funzioni.
