Trapianto di midollo osseo nei bambini, il microbiota complice delle complicazioni

I bambini che hanno sviluppato complicazioni dopo un trapianto di midollo osseo hanno più batteri resistenti agli antibiotici. A rivelarlo sono due studi coordinati da ricercatori del Policlinico di Sant’Orsola e dell’Università di Bologna, gli unici oggi disponibili in questo ambito su pazienti pediatrici. Si potrà utilizzare questa scoperta come strumento per riconoscere in anticipo i soggetti più a rischio nello sviluppare complicazioni e studiare terapie personalizzate.

Il trapianto di midollo osseo permette la trasfusione di cellule staminali ematopoietiche, ovvero cellule staminali che danno origine a tutti i diversi tipi di cellule presenti nel sangue. È una procedura utilizzata per trattare molte malattie del sistema immunitario ed ematiche a partire dalle leucemie. L’intervento, come molti altri trapianti, può sviluppare, però, complicazioni. «La diffusione di batteri resistenti agli antibiotici è un problema di portata globale che si rivela particolarmente rilevante nei pazienti ematologici, i quali sono infatti costretti a sottoporsi a frequenti profilassi e trattamenti antimicrobici. L’esposizione prolungata all’ambiente ospedaliero può favorire l’accumulo di geni con caratteristiche di antibiotico-resistenza nel patrimonio genetico dei batteri che costituiscono il microbiota intestinale. Questa temporanea colonizzazione, soprattutto in pazienti con difese immunitarie già ridotte, può contribuire all’instaurarsi di infezioni e di conseguenza all’aumento del tasso di mortalità a seguito di un’operazione di trapianto», ha spiegato Riccardo Masetti, docente dell’Università di Bologna attivo all’Unità Operativa di Pediatria del Policlinico di Sant’Orsola.

Lo studio ha coinvolto otto bambini ricoverati nel centro di Oncologia ed Ematologia pediatrica del Policlinico bolognese metà dei quali hanno sviluppato la malattia da trapianto. Secondo Marsetti, «il ventaglio di resistenze presenti nel post-trapianto ha mostrato caratteristiche diverse in ogni paziente. Per questo possiamo immaginare che in futuro sarà possibile proporre terapie e profilassi antibiotiche adeguate per ogni singolo paziente».

 

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