«Perché non far sì che l’Ispettorato del lavoro entri in azienda per verificare il possesso o meno del Green pass e al contempo vagli anche la presenza o meno di lavoratori in nero?», si chiede la Uil di Bologna.
«Il Green pass rientra tra gli strumenti tesi alla sicurezza del lavoratore sul posto di lavoro. Ma non solo, il Green pass può essere piegato anche ad una seconda finalità: l’emersione del nero in ambito lavorativo». Sono le parole del coordinatore del sindacato Uil Bologna Carmelo Massari sull’uso del Green pass al lavoro. Questa considerazione viene da un dato. «In Emilia Romagna, vi sono 97.775 imprese di cui 83.600 attive. Nel 2020, l’ispettorato del lavoro insieme all’Ausl e ai Carabinieri ha compiuto, nell’area metropolitana bolognese, “solo” 1.945 ispezioni Covid. Ciò significa l’aver verificato se mascherina, disinfettante e distanziamento in azienda fossero rispettati», spiega Massari. Nel complesso, una mole di controlli del tutto esigua se rapportata alla platea industriale. Ciò chiaramente per l’insufficienza del personale adibito ai controlli.
«Premesso questo: perché non far sì che l’Ispettorato del lavoro entri in azienda per verificare il possesso o meno del Green pass e al contempo vagli anche la presenza o meno di lavoratori in nero? In questo modo si ottiene un duplice obiettivo: la verifica del Green pass da parte di un ente terzo e l’eventuale emersione del nero. Ecco perché come sindacato, al tavolo governativo, abbiamo chiesto non l’assunzione di 2.500 ispettori, come proposto dal Governo, bensì di 5.000», conclude il coordinatore.