Covid-19 e senza tetto, Avvocato di strada: «Basta multe, curateli e proteggeteli» 

«Dovete restare a casa!». A urlarlo un uomo ad una donna senza fissa dimora che chiedeva qualcosa da mangiare alla porta dell’oratorio di Santa Cecilia e Valeriano di Bologna. Ma ovviamente un senza fissa dimora la casa dove andare non ce l’ha. Nel vortice dei divieti di questa quarantena, dunque, i primi a rimetterci sono sempre gli “ultimi”, i più deboli, perché di fronte a questa emergenza non siamo sempre tutti uguali. C’è chi ha una casa per curarsi e proteggersi e chi no. Infatti, da giorni, sono già numerose le multe fatte in alcune città d’Italia alle persone che non hanno un tetto dove andare che non avrebbero rispettato l’obbligo di restare in casa.  

Come se non bastasse, associazioni e realtà pubbliche che si occupano quotidianamente di dare assistenza, cibo, coperte e letti per dormire, si sono trovate costrette a rimodulare, e in alcuni casi anche a sospendere temporaneamente, i servizi offerti a queste persone per non creare situazioni che favoriscano il contagio. È questo il caso di Bologna, come ci dice Antonio Mumolo, presidente dell’associazione Avvocato di Strada. Nel capoluogo emiliano i volontari stanno continuando a offrire i loro servizi seppur con modalità differenti.  

L’associazione Avvocato di Strada, nata nel 2000 a Bologna dall’idea di due avvocati, conta oggi 55 sedi in tutto il Paese, circa mille avvocati volontari e quasi 3000 pratiche all’anno a difesa dei diritti di chi vive per strada. «Lo studio legale più grande d’Italia, ma anche quello che fattura meno», afferma orgogliosamente Mumolo. «Stiamo raccogliendo tantissimi casi di denunce e sanzioni comminate a chi non può restare a casa perché una casa non ce l’ha, e i dati diffusi dalla Fio.PSD (Federazione Italiana Organismi Persone Senza Dimora) e dalle associazioni ci dicono che tante persone che vivono in strada si stanno ammalando, non possono curarsi e possono essere loro stessi veicolo di contagio», dice il presidente di Avvocato di strada. Nel pieno dei divieti e delle chiusure, l’associazione ha diffuso su internet un vademecum “Dove andare per..” una guida per i senza fissa dimora sul territorio bolognese e ha lanciato un appello nazionale a tutti i livelli istituzionali, dai ministri ai sindaci, per chiedere tre cose fondamentali: non multare queste persone, fornire un tetto e assicurare loro il diritto alla salute. 

Di fronte all’obbligo di restare a casa, per le persone senza fissa dimora il problema è ovviamente maggiore, di notte i dormitori sono aperti, ma di giorno sono chiusi, e non hanno un posto dove andare. Occorre, inoltre, rafforzare le misure di tutela sanitaria, garantire sistemi di sorveglianza adeguati anche per gli operatori sociali che sono coinvolti nell’erogazione dei servizi. Mancano, denuncia l’associazione, indicazioni omogenee sulla gestione del rischio di contagio o sulla gestione della positività accertata al Covid-19 di persone senza dimora. La tutela del diritto alla salute di queste persone fa parte della tutela della salute di tutti. 

Sul fronte degli alloggi, servono ulteriori soluzioni emergenziali, il “piano freddo” che fornisce accoglienza notturna in luoghi protetti, già prolungato dal Comune di Bologna in vista dell’emergenza non basta, occorre fare ricorso ad alberghi o strutture predisposte ad hoc, permettendo che anche i senza dimora possano rimanere, se necessario, in quarantena e avere un tetto sotto cui curarsi. Di fondamentale importanza è infine predisporre le procedure di intervento in carico alle autorità sanitarie per questi casi, occorre tracciare i loro contatti e intervenire con screening e tamponi, senza dimenticarsi di controllare lo stato di salute degli operatori delle strutture che li aiutano. Un impegno non da poco se si considera che secondo i più recenti dati Istat (2015) i senza fissa dimora in Italia sono almeno 50.000 persone, di questi, secondo l’associazione, circa 2000 solo sul territorio bolognese. Per questo, ricorda Mumolo, «se oggi non facciamo anche solo un passo indietro nell’aiutare i poveri e le persone ai margini, vivremo un’emergenza umanitaria nell’emergenza sanitaria». 

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