Piazza per l’Europa a Bologna? Pacifismo a targhe alterne e manganelli per chi dissente

Ieri a Bologna è andata in scena una rappresentazione grottesca del progressismo da salotto: da un lato i sindaci in fascia tricolore a predicare un’Europa più unita (e magari più armata), dall’altro giovani, collettivi e militanti di Potere al Popolo che provavano a contestare quella stessa retorica, trovandosi davanti i manganelli della polizia. Due piazze, due facce della stessa medaglia: quella di un centrosinistra che ha dimenticato cosa significa conflitto politico, e che non tollera più nemmeno la contestazione, anche se arriva da sinistra.

La manifestazione pro Europa in piazza del Nettuno, promossa dal sindaco di Bologna Matteo Lepore e dalla sindaca di Firenze Sara Funaro, sembrava un’operazione d’immagine: bandiere europee, sorrisi istituzionali e parole d’ordine vuote come “unità” e “pace”. Ma sotto la superficie, il messaggio era chiaro: sì all’Europa, ma un’Europa che si sta armando.

Chi ha provato a contestare questa visione, organizzando un presidio a poche centinaia di metri, è stato bollato come “violento”, “antagonista”, “facinoroso”. La polizia in assetto antisommossa ha impedito che i due cortei si avvicinassero: scudi, spintoni, manganellate. Il reato? Provare a dire che l’Europa delle armi non è l’unica Europa possibile.

Il sindaco Lepore, fautore del “dialogo” e del “confronto democratico”, si è ben guardato dal commentare gli scontri. Troppo scomodo ammettere che, nel giorno della celebrazione della democrazia europea, qualcuno “ha perso i denti” per averla pensata diversamente. E così, mentre la destra esulta per il nuovo decreto Sicurezza e inneggia al pugno duro, il centrosinistra balbetta. O peggio, tace.

Ma la domanda è semplice: che democrazia è quella che accetta solo le manifestazioni patinate, approvate, istituzionali? Che libertà è quella che prevede il diritto di parola solo per chi è d’accordo? E infine: davvero vogliamo costruire un’Europa della pace blindando le piazze con la celere?

Chi ieri ha protestato non è “violento” per definizione. La violenza è anche quella dell’esclusione, del silenzio imposto, dell’ipocrisia di chi si dice pacifista mentre stanzia fondi per il riarmo. Non si può invocare l’eredità di Ventotene con una mano e firmare commesse per le armi con l’altra. Non si può sventolare la bandiera dell’Europa e poi fare il morto quando quella bandiera brucia in piazza perché c’è chi la sente imposta e nemica.

Il risultato è che abbiamo due sinistre che si ignorano e si respingono: una che si abbraccia con Ursula von der Leyen, e una che si fa cacciare a manganellate dalle piazze. Ma la cosa peggiore è che, tra le due, quella al potere sembra avere sempre meno voglia di ascoltare.

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