Il divieto sulla cannabis light contenuto nel nuovo decreto sicurezza del governo Meloni è un attacco frontale alla legalità, al lavoro e al buon senso. Un provvedimento che criminalizza un’intera filiera — dalla coltivazione di canapa industriale alla vendita delle infiorescenze di cannabis light — senza alcuna base scientifica, giuridica o sanitaria.

La cannabis light in Italia, secondo la legge vigente, non è una sostanza stupefacente. Eppure il decreto introduce il divieto totale di importare, lavorare, trasportare, cedere, vendere e persino possedere infiorescenze di canapa con THC inferiore allo 0,3%, rendendo di fatto impossibile ogni attività connessa al settore della canapa legale.

Il risultato è devastante: centinaia di negozi di cannabis light costretti a chiudere, coltivatori abbandonati, investimenti cancellati, migliaia di posti di lavoro a rischio. Il tutto in nome di una “sicurezza” che non esiste, se non nella narrazione ideologica e propagandistica del governo.

Il proibizionismo del governo Meloni: ideologia contro la realtà

Non c’è alcun dato che colleghi la cannabis light a fenomeni criminali o sanitari preoccupanti. Nessun effetto psicoattivo, nessuna dipendenza, nessun rischio per la salute pubblica. Eppure, il governo Meloni (e Salvini) ha scelto di usare il pugno duro contro un prodotto legale, sostenibile e ampiamente diffuso in Europa.

Con questo divieto sulla cannabis light, si punisce non la droga, ma un simbolo. Si colpisce il mondo della canapa perché rappresenta un’idea diversa di economia, salute e benessere. È una scelta ideologica, non legislativa, fatta per ottenere consenso facile a scapito di chi lavora onestamente.

Un intero settore legale sotto attacco

Dal 2016, con l’introduzione della legge sulla canapa industriale, il mercato italiano della cannabis light ha conosciuto uno sviluppo costante. Migliaia di aziende hanno operato nella legalità, offrendo prodotti a base di infiorescenze di canapa privi di effetti droganti, ma utili per rilassamento, insonnia, ansia, e in alcuni casi anche per uso terapeutico.

Ora tutto questo rischia di sparire. Il decreto sicurezza cancella anni di lavoro, investimenti e ricerca. Chi produce o vende cannabis light legale rischia ora sanzioni penali. Una mossa che, più che proteggere i cittadini, li getta nel caos normativo, alimentando l’incertezza e favorendo il mercato nero.

Un danno economico, ambientale e culturale

Il colpo inflitto alla filiera della canapa legale in Italia non è solo economico. È anche ambientale — la canapa è una coltura sostenibile — e culturale: si sceglie di reprimere anziché regolare. In un’Europa che guarda alla cannabis light come opportunità di sviluppo e innovazione, l’Italia torna al proibizionismo degli anni ‘80.

Pura ideologia destroide

Il governo Meloni ha scelto la via più facile e ideologica: colpire un settore legale per fare propaganda politica. Ma vietare la cannabis light non renderà l’Italia più sicura, né più sana. Rischia solo di spingerla nell’illegalità e nell’arretratezza culturale.

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