Il mondo universitario di Bologna contro la didattica a distanza, domani scende in piazza

Oltre alla didattica a distanza, parte del mondo universitario bolognese scende domani in piazza in un’assemblea pubblica anche per altri problemi derivanti dalla pandemia da coronavirus.

La didattica a distanza sfrutta i docenti e abbandona gli studenti in difficoltà economica. Sono alcune delle accuse del collettivo BRAIN_Unibo, composto da ricercatori, dottorandi, docenti e studenti dell’Università di Bologna, che saranno portate in un’assemblea pubblica domani 22 ottobre, alle 17,00 in piazza Scaravilli. I manifestanti sono uniti nella protesta contro le trasformazioni che la pandemia ha imposto nell’Università. «Gli investimenti nella tecnologia digitale sono stati privilegiati rispetto a quelli destinati a risolvere il problema strutturale degli spazi», si legge in un loro comunicato. Biblioteche e aule studio con posti insufficienti, affitti ancora troppo alti per i fuorisede che sono stati danneggiati economicamente dall’emergenza Covid – le tariffe calmierate offerte dal Comune e dall’Università, infatti, valgono solo per permanenze non più lunghe di un mese. Nessuna riduzione delle tasse per coloro che, seguendo a distanza, non usufruiranno di gran parte dei servizi offerti, denuncia il collettivo. Si chiedono risposte anche per quegli studenti migranti che rischiano di non ottenere il rinnovo del permesso di soggiorno per non aver raggiunto gli standard di merito, senza considerare quanto siano stati penalizzati dal lock-down.  

Secondo gli attivisti, le lezioni online sono una lama a doppio taglio anche per chi ha cominciato a lavorare nell’università con contratti di tutorato e di supporto alla didattica a distanza. Aumento del carico del lavoro e squalificazione dell’insegnamento: «Per questa attività didattica, si legge, i docenti saranno sottoposti a una valutazione quantitativa sempre più svincolata dal rapporto diretto con studentesse e studenti».  

 

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