Proseguono le indagini sull’omicidio di Sofia Stefani, la vigilessa 29enne uccisa con un colpo di pistola lo scorso 16 maggio ad Anzola e per la cui morte è accusato Giampiero Gualandi, ex commissario capo dei vigili di Anzola. Gualandi aveva una relazione con la vigilessa uccisa. Al centro dell’inchiesta c’è sempre l’ex comandante dei vigili urbani, accusato di femminicidio volontario e recentemente trasferito agli arresti domiciliari. Il provvedimento, concesso dal giudice per le indagini preliminari Domenico Truppa su richiesta dell’avvocato difensore Claudio Benenati, è stato immediatamente impugnato dalla Procura, che ritiene necessario il carcere.
Le novità sulla dinamica: la perizia balistica
Secondo la difesa, Gualandi avrebbe esploso il colpo accidentalmente durante una colluttazione. La perizia balistica dei carabinieri del Ris sembra supportare questa versione, ipotizzando una traiettoria compatibile con uno sparo avvenuto in un contesto di lotta. Il racconto dell’ex comandante descrive una lite accesa con Stefani, durante la quale lei si sarebbe avvicinata per afferrare la pistola sulla scrivania, scatenando la colluttazione che avrebbe portato all’esplosione accidentale del colpo.
La posizione della Procura: i dubbi sulla versione di Gualandi
Il pubblico ministero Stefano Dambruoso e la procuratrice aggiunta Lucia Russo contestano la dinamica proposta dalla difesa. Secondo la Procura, è “inverosimile” che Gualandi, che svolgeva un ruolo amministrativo, avesse la pistola in ufficio senza particolari esigenze. Anzi, si ipotizza che l’arma fosse stata collocata consapevolmente sulla scrivania in previsione dell’arrivo della donna.
Inoltre, gli inquirenti ritengono significativo il tentativo di Gualandi di nascondere l’arma subito dopo l’incidente, e vedono in questa azione un indizio di premeditazione. Questo, insieme ai messaggi inviati dalla vittima nei giorni precedenti, contribuisce a delineare un quadro accusatorio che, secondo la Procura, richiede misure restrittive più severe.
Gli sviluppi attesi: autopsia e analisi genetiche
La difesa spera di ottenere maggior credito per la tesi dell’incidente con i risultati delle analisi genetiche, che potrebbero confermare la presenza del DNA di Sofia Stefani sull’arma. Anche l’autopsia potrebbe rivelarsi cruciale per comprendere le modalità dello sparo. Gli ulteriori accertamenti medico-legali e balistici potrebbero quindi fare chiarezza sulla dinamica e, forse, sul movente dell’omicidio.
Una vicenda controversa e un processo in evoluzione
L’inchiesta sulla morte di Sofia Stefani resta quindi aperta a diverse interpretazioni: se da un lato la Procura sostiene la tesi dell’omicidio premeditato, dall’altro la difesa punta a dimostrare la casualità dell’evento. Il prossimo passo sarà l’attesa del verdetto sull’appello contro i domiciliari, che potrebbe riaprire la discussione sulle esigenze cautelari di Gualandi.