Coltivare frutta e verdura in acqua e senza bisogno di suolo: è così che funziona l’agricoltura idroponica, una tecnica di coltivazione alternativa sperimentata da diversi popoli già in epoche antiche (tutti possediamo nel nostro immaginario i famosi giardini pensili di Babilonia, ad esempio). E proprio sul sistema idroponico si basa Urban Greens, la startup creata da Ralph Becker «per far evolvere il mercato del cibo vegetale nelle Filippine introducendo verdure coltivate più pulite, più fresche e più intelligenti” – come recita uno dei suoi slogan.
L’idea nasce nel 2016 a Manila proprio nell’appartamento di Becker, da poco trasferito nel paese di origine della madre dopo dieci anni di carriera in giro per il mondo con la Sony. Una volta constatata l’incapacità di soddisfare il fabbisogno alimentare e la crescente diffusione di alimenti non sani, Becker ha deciso di lavorare per trovare soluzioni che affrontassero le difficoltà che le tradizionali pratiche agricole filippine stanno attraversando, complici i cambiamenti climatici e l’industrializzazione dei centri urbani. Il sistema idroponico è interamente sostenibile poiché permette di coltivare ortaggi senza l’uso del suolo e con molta meno acqua rispetto all’agricoltura convenzionale, è senza OGM e non necessita di pesticidi, fertilizzanti e fungicidi. Per questo motivo rappresenta una valida soluzione per affrontare i problemi che le popolazioni maggiormente colpite dalla crisi climatica si trovano ad affrontare oggi.
«Il nostro obiettivo generale è quello di recuperare tutti i tetti inutilizzati e di creare la più grande fattoria al coperto nelle Filippine e nel sud-est asiatico», si legge sul sito di Urban Greens, che ha già sviluppato sistemi in diversi edifici privati, in alcune scuole e anche nel museo nazionale della scienza di Manila. Insieme al WWF poi, la startup porta avanti “The sustainable diner”, un progetto che coinvolge i grandi ristoranti delle metropoli con l’intento di trovare soluzioni per offrire cibo più sostenibile e fornire esperienze culinarie più eco-consapevoli e accessibili a tutti. Buone pratiche di consumo etico e consapevole dunque, che potrebbero replicarsi in molti altri centri urbani, anche delle nostre latitudini.