Foto di esecuzioni capitali e 40 video esplicativi di tecniche utilizzate da gruppi jihadisti nonché “lezioni” per costruite ordigni artigianali, ma anche consigli sulle tecniche di combattimento, metodi per occultare un cadavere, ma anche tecniche di disarmo e difesa da minacce armate. Tutti elementi, trovati sul cellulare di un operaio edile della provincia di Parma – 24enne di origine tunisina – che, secondo la polizia, mostravano un crescente processo di radicalizzazione e di adesione alla jihad e al martirio di musulmani in omaggio ad Allah. Un quadro indiziario che ha portato la Procura di Bologna a emettere lo scorso 10 febbraio un decreto di fermo perché indiziato del delitto di addestramento ad attività con finalità di terrorismo anche internazionale. Il giovane ora si trova nel carcere di alta sicurezza di Parma.
Le indagini hanno fatto emergere ulteriori elementi che mostrano l’inserimento dell’indagato in una cerchia relazionale internazionale di uomini appartenenti ad ambienti jihadisti. Il giovane tunisino faceva parte di 3 gruppi WhatsApp denominati “gli estranei” “i canti dello stato islamico” e “l’esercito del califfato” i cui loghi mostravano immagini rappresentative (tra cui anche fucili Ak47) dello Stato islamico e in cui avveniva uno scambio di messaggi propagandistici. Anche il suo profilo Facebook rivelava una sua spiccata inclinazione alla cultura dello Stato islamico e alla lotta armata, non risparmiando apprezzamenti (like) e iscrizioni a pagine ad esse dedicate.
Alla luce di detti elementi il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Parma ha convalidato il Fermo della Procura di Bologna ed applicato nei confronti dell’indagato la custodia cautelare in carcere sostenendo che «Sussistono gravi indizi di colpevolezza di addestramento ad attività con finalità di terrorismo anche internazionale».