Estorsioni di stampo mafioso per gestire casa di riposo sull’Appennino bolognese, arresti e sequestri

A capo del disegno criminale ci sarebbero due persone originarie di Crotone che sono state arrestate. Ma il gruppo comprenderebbe altre 21 persone a cui sono stati sequestrati 2 milioni di euro dalla Guardia di finanza.

Erano subentrati nella gestione di una casa di riposo sull’Appennino bolognese, Alto Reno Terme, svuotando della liquidità la vecchia società, in dissesto, portandola al fallimento e creando una nuova cooperativa, utilizzando per questo alcuni prestanome. Inoltre, avrebbero anche minacciato e intimidito i dipendenti della struttura, con “modalità tipicamente mafiose”, per gli investigatori, allo scopo di farli prima dimettere e poi riassumerli nella nuova realtà. Si tratta di un gruppo di presunti criminali accusati di associazione per delinquere, estorsione (aggravata dal cosiddetto “metodo mafioso”), bancarotta fraudolenta patrimoniale, documentale e per operazioni dolose, sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte, emissione di fatture per operazioni inesistenti, spendita e introduzione nello Stato di monete falsificate.

A capo del disegno criminale ci sarebbero due persone originarie di Crotone che sono state arrestate. Ma il gruppo comprenderebbe altre 21 persone a cui sono stati sequestrati 2 milioni di euro dalla Guardia di finanza. Il sequestro preventivo ha riguardato due aziende lombarde (una società immobiliare di Brescia e un esercizio di rivendita al dettaglio di generi di monopolio corrente nell’hinterland milanese) e disponibilità liquide. 

Le indagini, scaturite dall’attività di controllo del territorio svolta dalla Stazione dei Carabinieri di Alto Reno Terme, che aveva notato l’anomala presenza nel comune di Gaggio Montano (BO) di persone crotonesi, hanno permesso di disvelare l’esistenza e l’operatività di una consorteria criminale che, alla fine del 2015, è subentrata nella gestione di una società – titolare di una “casa di riposo” di Alto Reno Terme (BO) – in evidente stato di dissesto economico-finanziario, al solo fine di distrarre gli asset societari, composti dall’azienda e dall’immobile adibito a struttura residenziale, del valore di oltre 7,5 milioni di euro.  

Il disegno criminoso, progettato e attuato dai principali indagati con la fattiva collaborazione di diverse “teste di legno”, è consistito nella stipula di un fittizio contratto d’affitto d’azienda tra la società, appena rilevata, e una cooperativa appositamente costituita dagli indagati, finalizzato a rendere detti beni inappetibili sul mercato. Nel mentre, la vecchia società – oberata da debiti per 4,4 milioni di euro principalmente verso l’Erario ed Enti previdenziali e assistenziali – è stata portata al fallimento e svuotata della liquidità ancora giacente sui conti correnti. 

Inoltre, nell’ambito dell’operazione d’affitto d’azienda, sono emersi numerosi e gravi episodi estorsivi attuati, con modalità tipicamente mafiose, ai danni dei dipendenti della struttura, costretti a dimettersi volontariamente dopo ripetute minacce, atteggiamenti intimidatori e prevaricazioni di vario genere (consistiti in demansionamenti, mancata corresponsione delle retribuzioni e fruizione di “ferie forzate”). Gli stessi sono stati poi assunti dalla “nuova” società cooperativa (ove si fossero rifiutati di aderire a tale disegno, sarebbe scattato per loro il licenziamento in tronco).  

Le attività investigative hanno così portato alla luce i sofisticati meccanismi con cui i sodali, seguendo un vero e proprio modus operandi ormai collaudato, hanno drenato liquidità da entrambe le società, ricorrendo ad assunzioni fittizie, fatture per operazioni inesistenti rilasciate da soggetti compiacenti (afferenti a lavori di ristrutturazione mai effettuati, acquisti fittizi di cespiti e prestazioni di servizio mai ricevute) e a conti e carte di credito delle società utilizzati per acquisti estranei alle finalità societarie.  

Le persone denunciate sono complessivamente 23, tra le quali i professionisti che hanno coadiuvato gli appartenenti al sodalizio nella realizzazione degli scopi illeciti prefissati. Contestualmente all’esecuzione dei provvedimenti cautelari, il P.M. titolare delle indagini ha delegato perquisizioni tra Emilia-Romagna, la Lombardia, la Campania e la Calabria.  

Nel corso delle operazioni sono stati sequestrati beni per oltre 1,5 milioni di euro, tra cui denaro contante per 120 mila euro, 1 società immobiliare, 1 esercizio di rivendita al dettaglio di generi di monopolio, 2 autovetture e 9 orologi di pregio.  

L’operazione testimonia l’efficacia della convergenza investigativa specialistica messa in campo dalla Guardia di Finanza e dall’Arma dei Carabinieri con il coordinamento e la direzione dell’Autorità Giudiziaria felsinea. 

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