Coronavirus, lo psicologo:«Risvolti depressivi e ansiosi sono già in atto»

«Cosa accade al supermercato se qualcuno non mantiene la giusta distanza di sicurezza? Il termometro dell’ansia supera i 40 e molte persone perdono il controllo, aumentano le loro paranoie e si finisce per vedere nell’altro solo il nemico. Quest’ansia non la eliminiamo per decreto amministrativo, così come è probabile che i soggetti guariti dal Covid-19 poi saranno stigmatizzati negli ambienti di lavoro. È un fatto, peraltro, già accaduto in altre situazioni relative a malattie infettive in cui permane l’idea del contagio, l’Hiv, e sono emersi eccessi di preoccupazione». A dare il suo punto di vista all’agenzia stampa Dire è Guido Sarchielli, professore emerito di Psicologia del Lavoro dell’Alma Mater Studiorum Università di Bologna.

«Sicuramente la paura che tutti stiamo sperimentando porterà ad esagerare nelle precauzioni e non è escluso che possano esserci atteggiamenti stigmatizzanti verso i guariti, che poi rappresentano gli atteggiamenti tipici verso la diversità. Si dovrà prevedere una fase molto delicata perche‘ fra 4 o 5 mesi lavorare nella stessa stanza con persone ipocondriache potrebbe aumentare il rischio di estremizzazione», avverte lo psicologo. Dal punto di vista medico, «nessuno ha una risposta definitiva, soprattutto se questi casi di immunizzazione non dovessero essere così sicuri. Adesso si stanno portando avanti delle indagini seriologiche per capire se c’è un’immunità e soprattutto quanto duri. Per il raffreddore dura poco – ricorda Sarchielli- lo riprendiamo anche 3 volte in una stagione. Per l’influenza nei vaccinati dura un anno e, per il Coronavirus, siamo di fronte a un qualcosa di misterioso», ricorda Sarchielli. 

Per salvaguardare il ritorno a lavoro dei guariti occorrerà allora molto buonsenso: «Tra i vari fattori di rischio aziendale bisognerà aggiungere nelle rilevazioni obbligatorie quello epidemico. Bisognerà modificare degli aspetti organizzativi del lavoro, compresi gli ambienti: gli open space sono le zone più rischiose. Non saranno esenti da revisione gli impianti, gli strumenti di lavoro e le procedure di sanificazione – continua il professore- in particolare negli sportelli aperti al pubblico». 

Come tranquillizzare i colleghi? «Le persone che rientrano a lavoro dopo un’infezione covid-19 dovranno certificare il loro stato di salute e comunque si potrebbe immaginare una fase di preparazione a distanza. La gente ormai non vuole andare nemmeno più in ospedale a fare semplici analisi per la paura del contagio. Finché non si chiarirà quale sarà la condizione di normalità persisterà la paura», dice Sarchielli. Il rischio dello stigma «aumenterà finché non capiremo come gestire questa epidemia e – sottolinea il professore emerito – una volta scoperto, la componente psicologica si ridurrà. Al momento, i risvolti depressivi e ansiosi determinati dal fattore epidemico ignoto sono già in atto e non scompariranno, anche se i politici ci diranno quando si potrà tornare a lavorare. I dirigenti e i manager dovranno mettere in atto supplementi di azione per ridurre le difficoltà. Cogliamo l’occasione- conclude- per sfruttare lo smart working come un’opportunità, ma programmandolo in modo sensato». 

Fonte: Agenzia Dire 

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