Il sindaco di Bologna, Matteo Lepore ha affermato ultimamente, con tono trionfante, che «il tram è una cosa di sinistra». Un’affermazione che rivela più l’urgenza di marcare un’identità politica che la volontà di affrontare con razionalità e spirito critico un’opera da centinaia di milioni di euro che sta stravolgendo Bologna.
Ma davvero il tram è “di sinistra”? Lo dovrebbero dire i cittadini, non la politica. È di sinistra deviare decine di linee, paralizzare il traffico, esasperare i cittadini e i commercianti in nome di un’infrastruttura che, almeno nella fase iniziale, peggiora la vita quotidiana dei bolognesi? È di sinistra sacrificare la vivibilità urbana per un progetto calato dall’alto e blindato con il PNRR, dunque svincolato dal confronto democratico?
La retorica di Lepore è tanto audace quanto vacua. Dire che «non stiamo abbellendo il centro perché siamo radical chic» non basta per smontare l’accusa. Anzi, dimostra quanto sia presente questa percezione. Se il primo cittadino sente la necessità di sottolinearlo qualcosa vorrà pur dire. Poi, il riferimento a «collegare i quartieri popolari» suona paternalistico, come se si dovesse giustificare un’opera controversa solo agitando la bandiera dell’inclusione sociale.
I numeri e le parole che non convincono
Il sindaco parla di un tram che passerà ogni tre minuti e con fermate ogni 500 metri. Bene. Ma per raggiungere quella puntualità promessa servirà riorganizzare tutto il trasporto pubblico bolognese. Riusciranno i nostri eroi?
Lepore ammette, dicendo che «i bolognesi stanno soffrendo», ma riduce il problema a un fastidio temporaneo. Peccato che quel disagio sia quotidiano, prolungato e in molte zone ancora senza una data di fine certa.
E poi c’è il mantra del collegamento con il servizio ferroviario metropolitano. Qui Lepore tira fuori i “milioni di viaggi in più” in treno, dimenticando che gran parte di questi numeri derivano da cause strutturali (come l’aumento dei pendolari).
Un progetto milionario, ma senza dibattito
Il tram è un’infrastruttura imponente e irreversibile. Eppure, mai come in questo caso, il dibattito pubblico è stato svuotato. Lepore cita i fondi del PNRR come garanzia, ma è proprio quella logica dell’urgenza che ha azzerato i margini di discussione. La narrazione è stata: prendere o lasciare. E chi solleva dubbi viene bollato come “nemico del progresso”.
Invece, discutere non è reazionario. È necessario. È davvero il tram la priorità, o sarebbe servita una rete di bus elettrici, più flessibile e meno impattante? È davvero di sinistra ignorare il disagio delle periferie in nome della visione a lungo termine?
La città merita risposte, non slogan. E meno ideologia, più trasparenza.