L’iscrizione dei portici di Bologna nella lista del Patrimonio Mondiale dell’UNESCO non rappresenta solo un riconoscimento del loro valore architettonico e culturale, ma offrirebbe anche una nuova prospettiva sulla concezione spaziale del patrimonio. A suggerirlo è uno studio innovativo condotto dalla geografa Stefania Bonfiglioli dell’Università di Bologna, pubblicato sulla rivista Cultural Geographies.
Portici come “soglie”
Il concetto centrale dello studio di Bonfiglioli è la reinterpretazione dei portici come “soglie”. In questa visione, i portici non sono semplici passaggi o luoghi di transito, ma veri e propri spazi di mediazione tra pubblico e privato, interno ed esterno, luce e ombra. Questo intreccio di opposti è quello che rende unica l’esperienza di chi cammina sotto le loro arcate.
«Camminare sotto i portici significa vivere un’esperienza di “soglia”», spiega Bonfiglioli. «Non siamo completamente in strada, né completamente in casa, ma in una zona intermedia, dove gli opposti si intrecciano e si confondono». Questa fluidità spaziale mette in discussione l’idea tradizionale di patrimonio come un sito dai confini ben definiti e statici.
Una nuova idea di patrimonio
Nella sua ricerca, Bonfiglioli sottolinea come i portici di Bologna offrano un esempio tangibile di come il patrimonio possa essere vissuto e concepito non solo in termini materiali, ma anche attraverso le pratiche quotidiane che vi si svolgono. Dalle passeggiate alle conversazioni, dagli artisti che dipingono ai turisti che esplorano, ogni attività contribuisce a costruire e ricostruire i significati e i confini di questo patrimonio.
«I portici non hanno confini rigidi», afferma Bonfiglioli. «Le persone possono entrare e uscire dai portici dove preferiscono, rendendo i loro confini dinamici e in costante trasformazione, influenzati dalle pratiche di chi li abita».
Patrimonio come processo
Questo concetto di “patrimonio come soglia” sfida le concezioni statiche e lineari del patrimonio. Secondo Bonfiglioli, i portici di Bologna dimostrano che il patrimonio può essere un processo fluido, costruito attraverso l’interazione tra discorsi ufficiali, come quelli dell’UNESCO, e le esperienze quotidiane di chi vive e attraversa questi spazi.
La ricerca, dal titolo Heritage as Threshold: An Autoethnographic Exploration of the Porticoes of Bologna (Italy), apre nuove prospettive sul modo in cui consideriamo e interpretiamo il patrimonio culturale, rendendo i portici di Bologna un esempio innovativo di come lo spazio urbano possa essere vissuto e reinterpretato.