Bologna 40 anni dopo l’uscita di “Altri libertini” e l’importanza di rileggerlo oggi

Quarant’anni fa si affacciava al mercato editoriale, con tutte le difficoltà contro cui si scontra chi decide di inaugurare un nuovo capitolo della letteratura, un romanzo che segnò e “scandalizzò” una generazione: “Altri libertini” dello scrittore di Correggio Pier Vittorio Tondelli. L’opera di esordio del giovane emiliano, trasferitosi a Bologna per gli studi, solo dopo 20 giorni dalla sua pubblicazione venne censurata per “atti di oscenità” e in quanto “opera luridamente blasfema”.  Questa critica, che non impedì al libro di circolare, fu in realtà la fortuna di Tondelli perché ne fece il simbolo di una nuova generazione di scrittori. Ebbe un enorme successo tra il pubblico, spesso coetaneo dell’autore, attratto dalla vicinanza ai temi narrati e dall’audacia della carica trasgressiva. La maggior parte della critica però lo definì come un “fenomeno passeggero” con tratti di maledettismo. 

Tondelli e la sua carriera letteraria sono molto di più di ciò che è racchiuso nei sei racconti di “Altri Libertini”. Le sue pubblicazioni seguenti e i suoi lavori teatrali ne delineano una personalità artistica ambivalente e molto più complessa. Ma fu (ed è tutt’ora) inevitabile l’identificazione per l’autore con il suo romanzo d’esordio, perché il libro, diventato manifesto degli anni ’70, rappresenta Tondelli come sineddoche del territorio emiliano e del contesto della controcultura di quegli anni.  

La testimonianza di Tondelli è eversiva perché si forma in una realtà particolare, la provincia italiana immobile e immutabile. Nasce a Correggio e il suo amore per la letteratura lo porta ad abbandonare il suo paese natale. Si trasferirà a Bologna per frequentare il DAMS, facoltà nata in quegli anni e in cui (oltre a vantare la presenza di intellettuali del calibro di Umberto Eco) si andava consolidando un’avanguardia interdisciplinare che difficilmente avrebbe potuto concretizzarsi in un altro contesto accademico.  

Bologna in quegli anni esprime e rielabora la vivacità sociale e culturale del’68 riattualizzandola nelle contraddizioni del ’77. Il Dams del capoluogo emiliano diventerà il punto di incontro dei futuri avanguardisti non allineati alla cultura italiana, come il leader degli Skiantos Freak Antoni e il fumettista Andrea Pazienza.  

Tondelli è immerso nel fermento di fine anni ’70 che vive con una sensibilità unica e particolare, lo osserva e lo registra nelle sue opere attraverso una prospettiva particolareggiata. Nato e cresciuto in un piccolo paese provinciale di poco più di ventimila abitanti, trasferitosi al centro della realtà bolognese estremamente varia, riesce a cogliere tutte le contraddizioni della città. Ma il vero aspetto caratteristico di Tondelli, in cui è più ravvisabile la sua originalità, è il tentativo di raccontare e descrivere il presente non da una prospettiva distaccata, ma vivendoci dentro. Crea un linguaggio nuovo: combina il parlato giovanile a lui contemporaneo con dialettismi emiliani, sperimentando una letteratura che dialoga con il ritmo della musica, il dinamismo del cinema e l’espressività del fumetto. Ha cristallizzato tra le pagine di “Altri Libertini” la gioventù degli anni ’70 e le tematiche ad essa connaturate. I protagonisti dei suoi racconti sono accomunati da un desiderio di evasione, sentono di non avere un posto nella società del compromesso storico. Il libertinaggio eversivo diventa lo strumento di un’inevitabile fuga da sé stessi, la droga l’unica alternativa. Il viaggio è un’immagine ricorrente, un’esigenza istintiva, verso l’Europa, nella modernità di Berlino o Amsterdam 

Nei primi anni ottanta il mito di Berlino, del suo punk, delle case occupate di Kreuzberg, dei suoi teatri e della drammaturgia, di un modo di vivere disinibito e “facile” appariva come il più radicato presso le giovani generazioni. In tanti siamo andati a Berlino, in quegli anni.»” (Tondelli) 

La fuga, sia essa solo vagheggiata o realmente concretizzata, è sempre verso una realtà in contrasto con l’Italia provinciale.  

Vorrebbe non tornare mai più dal suo viaggio, perdersi su un binario morto e scomparire senza lasciarsi dietro nessuna traccia.“ (Camere Separate) 

Tondelli muore prematuramente a 36 anni a causa dell’AIDS, ma la sua è un’eredità con cui ancora oggi è necessario fare i conti. Il fermento culturale si è senza dubbio affievolito, il contesto politico e sociale è mutato, anche le droghe non sono più quelle degli anni ’70, ma il sentimento di disagio giovanile e il desiderio di evasione sono rimasti identici. 

Rileggere Tondelli è fondamentale per avvicinarci a una prospettiva che ci permetta di cogliere le contraddizioni dell’Italia di oggi nella loro ambivalenza. Bologna è certo cambiata all’interno di un processo di omologazione e globalizzazione di cui Tondelli ha visto solo gli inizi, ma in molti casi le sue pagine sono ancora attuali.  

Dovrebbe spingerci a riflettere il fatto che la problematica degli affitti nel centro della città era stata già ampliamente descritta e denunciata in “Altri Libertini”, in cui i due protagonisti del racconto si muovono nei loro anni universitari tra stanze in pessime condizioni a prezzi folli che esemplificano e concretizzano il loro senso di precarietà. Oggi, quarant’anni dopo, non si registra alcun miglioramento. Mentre gli iscritti all’Università di Bologna aumentano, i contratti stipulati diminuiscono, le case si trasformano in Airbnb, assistiamo ad una progressiva speculazione e gentrificazione del centro che rischia di snaturare la città. 

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