La Regione Emilia-Romagna avrebbe approvato un piano quinquennale per il controllo della popolazione di colombacci, con l’obiettivo di ridurre il numero di questi uccelli. La Delibera di Giunta pubblicata il 12 marzo scorso nel Bollettino Ufficiale della Regione (BUR), ha suscitato una forte polemica, principalmente a causa dell’inclusione dei veterinari delle ASL tra gli operatori incaricati di eseguire gli abbattimenti.
Il piano prevederebbe che i veterinari pubblici, già sotto organico, vengano distolti dalle loro funzioni di sanità pubblica per occuparsi degli abbattimenti di animali selvatici. Questo ha suscitato preoccupazioni da parte delle organizzazioni animaliste e ambientaliste, come la LAC (Lega Abolizione Caccia), la LAV (Lega Anti Vivisezione), la LIPU (Lega Italiana Protezione Uccelli) e altre, che ritengono inaccettabile l’idea di utilizzare i veterinari per un’attività che non sembra legata a esigenze sanitarie, ma piuttosto a questioni di gestione della fauna selvatica.
Il piano, che mira a ridurre la popolazione di Colombacci, si inserisce in un contesto in cui il prelievo venatorio è già una pratica consolidata. Durante la stagione venatoria 2022-2023, sono stati abbattuti circa 130.000 esemplari di Colombacci. Tuttavia, il Piano della Regione prevede ulteriori 11.000 abbattimenti, molti dei quali durante il periodo riproduttivo degli uccelli, con il rischio di compromettere la sopravvivenza dei giovani nel nido.
Le critiche sorgono anche dal fatto che, nonostante i numeri già elevati di abbattimenti, non ci sono prove concrete che giustifichino ulteriori interventi, specialmente senza una solida base scientifica.
Inoltre, il Piano giustifica l’abbattimento dei Colombacci citando la loro presunta inclusione tra le specie target per l’Influenza aviaria, ma questa affermazione è contestata, poiché secondo le normative nazionali il Colombaccio non è tra le specie di interesse sanitario per tale malattia. Inoltre, l’abbattimento viene motivato principalmente da danni alle coltivazioni agricole, ma non sono stati forniti dati sufficienti a dimostrare l’entità di questi danni o l’efficacia degli abbattimenti.
Le organizzazioni critiche denunciano che il piano di abbattimento sembra una soluzione comoda e poco riflessiva, che non tiene conto di altre possibili soluzioni per la gestione della fauna selvatica. L’impressione è che, invece di ricorrere a metodi più sostenibili e preventivi, la risposta alla convivenza con gli animali selvatici continui a essere quella di ucciderli.